lunedì 7 maggio 2012

Le parole del Papa alla GMG: Roma 2008

Rileggiamo oggi le parole di S.S. Benedetto XVI per la GMG del 2008, in particolare il suo messaggio, l'omelia e l'angelus:


MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
BENEDETTO XVI
PER LA XXII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
(1° APRILE 2007)
“Come io vi ho amato, così amatevi
anche voi gli uni gli altri”
 (Gv 13,34)

Cari giovani,
in occasione della XXII Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata nelle Diocesi la prossima Domenica delle Palme, vorrei proporre alla vostra meditazione le parole di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
E’ possibile amare?
Ogni persona avverte il desiderio di amare e di essere amata. Eppure quant’è difficile amare, quanti errori e fallimenti devono registrarsi nell’amore! C’è persino chi giunge a dubitare che l’amore sia possibile. Ma se carenze affettive o delusioni sentimentali possono far pensare che amare sia un’utopia, un sogno irraggiungibile, bisogna forse rassegnarsi? No! L’amore è possibile e scopo di questo mio messaggio è di contribuire a ravvivare in ciascuno di voi, che siete il futuro e la speranza dell’umanità, la fiducia nell’amore vero, fedele e forte; un amore che genera pace e gioia; un amore che lega le persone, facendole sentire libere nel reciproco rispetto. Lasciate allora che percorra insieme a voi un itinerario, in tre momenti, alla “scoperta” dell’amore.
Dio, sorgente dell’amore
Il primo momento riguarda la sorgente dell’amore vero, che è unica: è Dio. Lo pone bene in evidenza san Giovanni affermando che “Dio è amore” (1 Gv 4,8.16); ora egli non vuol dire solo che Dio ci ama, ma che l’essere stesso di Dio è amore. Siamo qui dinanzi alla rivelazione più luminosa della fonte dell’amore che è il mistero trinitario: in Dio, uno e trino, vi è un eterno scambio d’amore tra le persone del Padre e del Figlio, e questo amore non è un’energia o un sentimento, ma una persona, è lo Spirito Santo.
La Croce di Cristo rivela pienamente l’amore di Dio
Come si manifesta a noi Dio-Amore? Siamo qui al secondo momento del nostro itinerario. Anche se già nella creazione sono chiari i segni dell’amore divino, la rivelazione piena del mistero intimo di Dio è avvenuta con l’Incarnazione, quando Dio stesso si è fatto uomo. In Cristo, vero Dio e vero Uomo, abbiamo conosciuto l’amore in tutta la sua portata. Infatti “la vera novità del Nuovo Testamento – ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est - non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito” (n. 12). La manifestazione dell’amore divino è totale e perfetta nella Croce, dove, come afferma san Paolo, “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). Ognuno di noi può pertanto dire senza tema di sbagliare: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me” (cfr Ef 5,2). Redenta dal suo sangue, nessuna vita umana è inutile o di poco valore, perché tutti siamo amati personalmente da Lui con un amore appassionato e fedele, un amore senza limiti. La Croce, follia per il mondo, scandalo per molti credenti, è invece “sapienza di Dio” per quanti si lasciano toccare fin nel profondo del proprio essere, “perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (cfr 1 Cor 1,24-25). Anzi, il Crocifisso, che dopo la risurrezione porta per sempre i segni della propria passione, mette in luce le “contraffazioni” e le menzogne su Dio, che si ammantano di violenza, di vendetta e di esclusione. Cristo è l’Agnello di Dio, che prende su di sé il peccato del mondo e sradica l’odio dal cuore dell’uomo. Ecco la sua veritiera “rivoluzione”: l’amore.
Amare il prossimo come Cristo ci ama
Ed eccoci ora al terzo momento della nostra riflessione. Sulla croce Cristo grida: “Ho sete” (Gv19,28): rivela così un’ardente sete di amare e di essere amato da ognuno di noi. Solo se arriviamo a percepire la profondità e l’intensità di un tale mistero, ci rendiamo conto della necessità e dell’urgenza di amarlo a nostra volta “come” Lui ci ha amati. Questo comporta l’impegno di dare anche, se necessario, la propria vita per i fratelli sostenuti dall’amore di Lui. Già nell’Antico Testamento Dio aveva detto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18), ma la novità di Cristo consiste nel fatto che amare come Lui ci ha amati significa amare tutti, senza distinzioni, anche i nemici, “fino alla fine” (cfr Gv 13,1).
Testimoni dell’amore di Cristo
Vorrei ora soffermarmi su tre ambiti della vita quotidiana dove voi, cari giovani, siete particolarmente chiamati a manifestare l’amore di Dio. Il primo ambito è la Chiesa che è la nostra famiglia spirituale, composta da tutti i discepoli di Cristo. Memori delle sue parole: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35), alimentate, con il vostro entusiasmo e la vostra carità, le attività delle parrocchie, delle comunità, dei movimenti ecclesiali e dei gruppi giovanili ai quali appartenete. Siate solleciti nel cercare il bene dell’altro, fedeli agli impegni presi. Non esitate a rinunciare con gioia ad alcuni vostri svaghi, accettate di buon animo i sacrifici necessari, testimoniate il vostro amore fedele per Gesù annunciando il suo Vangelo specialmente fra i vostri coetanei.
Prepararsi al futuro
 Il secondo ambito, dove siete chiamati ad esprimere l’amore e a crescere in esso, è la vostra preparazione al futuro che vi attende. Se siete fidanzati, Dio ha un progetto di amore sul vostro futuro di coppia e di famiglia ed è quindi essenziale che voi lo scopriate con l’aiuto della Chiesa, liberi dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo, con i suoi comandamenti e i suoi divieti, ponga ostacoli alla gioia dell’amore ed impedisca in particolare di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la donna cercano nel loro reciproco amore. L’amore dell’uomo e della donna è all’origine della famiglia umana e la coppia formata da un uomo e da una donna ha il suo fondamento nel disegno originario di Dio (cfr Gn 2,18-25). Imparare ad amarsi come coppia è un cammino meraviglioso, che tuttavia richiede un tirocinio impegnativo. Il periodo del fidanzamento, fondamentale per costruire la coppia, è un tempo di attesa e di preparazione, che va vissuto nella castità dei gesti e delle parole. Ciò permette di maturare nell’amore, nella premura e nell’attenzione verso l’altro; aiuta ad esercitare il dominio di sé, a sviluppare il rispetto dell’altro, caratteristiche tutte del vero amore che non ricerca in primo luogo il proprio soddisfacimento né il proprio benessere. Nella preghiera comune chiedete al Signore che custodisca ed incrementi il vostro amore e lo purifichi da ogni egoismo. Non esitate a rispondere generosamente alla chiamata del Signore, perché il matrimonio cristiano è una vera e propria vocazione nella Chiesa. Ugualmente, cari giovani e care ragazze, siate pronti a dire “sì”, se Iddio vi chiama a seguirlo sulla via del sacerdozio ministeriale o della vita consacrata. Il vostro esempio sarà di incoraggiamento per molti altri vostri coetanei, che sono alla ricerca della vera felicità.
Crescere nell’amore ogni giorno
Il terzo ambito dell’impegno che l’amore comporta è quello della vita quotidiana con le sue molteplici relazioni. Mi riferisco segnatamente alla famiglia, alla scuola, al lavoro e al tempo libero. Cari giovani, coltivate i vostri talenti non soltanto per conquistare una posizione sociale, ma anche per aiutare gli altri “a crescere”. Sviluppate le vostre capacità, non solo per diventare più “competitivi” e “produttivi”, ma per essere “testimoni della carità”. Alla formazione professionale unite lo sforzo di acquisire conoscenze religiose utili per poter svolgere la vostra missione in maniera responsabile. In particolare, vi invito ad approfondire la dottrina sociale della Chiesa, perché dai suoi principi sia ispirata ed illuminata la vostra azione nel mondo. Lo Spirito Santo vi renda inventivi nella carità, perseveranti negli impegni che assumete, e audaci nelle vostre iniziative, perché possiate offrire il vostro contributo per l’edificazione della “civiltà dell’amore”. L’orizzonte dell’amore è davvero sconfinato: è il mondo intero!
“Osare l’amore” seguendo l’esempio dei santi
Cari giovani, vorrei invitarvi a “osare l’amore”, a non desiderare cioè niente di meno per la vostra vita che un amore forte e bello, capace di rendere l’esistenza intera una gioiosa realizzazione del dono di voi stessi a Dio e ai fratelli, ad imitazione di Colui che mediante l’amore ha vinto per sempre l’odio e la morte (cfr Ap 5,13). L’amore è la sola forza in grado di cambiare il cuore dell’uomo e l’umanità intera, rendendo proficue le relazioni tra uomini e donne, tra ricchi e poveri, tra culture e civiltà. Questo testimonia la vita dei Santi che, veri amici di Dio, sono il canale e il riflesso di questo amore originario. Impegnatevi a conoscerli meglio, affidatevi alla loro intercessione, cercate di vivere come loro. Mi limito a citare Madre Teresa che, per affrettarsi a rispondere al grido di Cristo “Ho sete”, grido che l’aveva profondamente toccata, iniziò a raccogliere i moribondi nelle strade di Calcutta, in India. Da allora l’unico desiderio della sua vita divenne quello di estinguere la sete d’amore di Gesù non a parole, ma con atti concreti, riconoscendone il volto sfigurato, assetato d’amore, nel viso dei più poveri tra i poveri. La Beata Teresa ha messo in pratica l’insegnamento del Signore: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (cfr Mt 25,40). E il messaggio di questa umile testimone dell’amore divino si è diffuso nel mondo intero.
Il segreto dell’amore
Ad ognuno di noi, cari amici, è dato di raggiungere questo stesso grado di amore, ma solo ricorrendo all’indispensabile sostegno della Grazia divina. Soltanto l’aiuto del Signore ci consente, infatti, di sfuggire alla rassegnazione davanti all’enormità del compito da svolgere e ci infonde il coraggio di realizzare quanto è umanamente impensabile. Soprattutto l’Eucaristia è la grande scuola dell’amore. Quando si partecipa regolarmente e con devozione alla Santa Messa, quando si passano in compagnia di Gesù eucaristico prolungate pause di adorazione è più facile capire la lunghezza, la larghezza, l’altezza e la profondità del suo amore che sorpassa ogni conoscenza (cfr Ef3,17-18). Condividendo il Pane eucaristico con i fratelli della comunità ecclesiale si è poi spinti a tradurre “in fretta”, come fece la Vergine con Elisabetta, l’amore di Cristo in generoso servizio ai fratelli.
Verso l’incontro di Sidney
Illuminante è al riguardo l’esortazione dell’apostolo Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità”(1 Gv 3, 18-19). Cari giovani, è con questo spirito che vi invito a vivere la prossima Giornata Mondiale della Gioventù insieme con i vostri Vescovi nelle vostre rispettive Diocesi. Essa rappresenterà una tappa importante verso l’incontro di Sydney, il cui tema sarà: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1,8). Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, vi aiuti a far risuonare ovunque il grido che ha cambiato il mondo: “Dio è amore!”. Vi accompagno con la preghiera e di cuore vi benedico.
Dal Vaticano, 27 Gennaio 2007 
BENEDICTUS PP. XVI

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Piazza San Pietro
Domenica, 1° aprile 2007

Cari fratelli e sorelle,
nella processione della Domenica delle Palme ci associamo alla folla dei discepoli che, in gioia festosa, accompagnano il Signore nel suo ingresso in Gerusalemme. Come loro lodiamo il Signore a gran voce per tutti i prodigi che abbiamo veduto. Sì, anche noi abbiamo visto e vediamo tuttora i prodigi di Cristo: come Egli porti uomini e donne a rinunciare alle comodità della propria vita e a mettersi totalmente a servizio dei sofferenti; come Egli dia il coraggio a uomini e donne di opporsi alla violenza e alla menzogna, per far posto nel mondo alla verità; come Egli, nel segreto, induca uomini e donne a far del bene agli altri, a suscitare la riconciliazione dove c’era l’odio, a creare la pace dove regnava l’inimicizia.
La processione è anzitutto una gioiosa testimonianza che rendiamo a Gesù Cristo, nel quale è diventato visibile a noi il Volto di Dio e grazie al quale il cuore di Dio è aperto a tutti noi. Nel Vangelo di Luca il racconto dell’inizio del corteo nei pressi di Gerusalemme è composto in parte letteralmente sul modello del rito dell’incoronazione col quale, secondo il Primo Libro dei Re, Salomone fu rivestito come erede della regalità di Davide (cfr 1 Re 1,33-35). Così la processione delle Palme è anche una processione di Cristo Re: noi professiamo la regalità di Gesù Cristo, riconosciamo Gesù come il Figlio di Davide, il vero Salomone – il Re della pace e della giustizia. Riconoscerlo come Re significa: accettarlo come Colui che ci indica la via, del quale ci fidiamo e che seguiamo. Significa accettare giorno per giorno la sua parola come criterio valido per la nostra vita. Significa vedere in Lui l’autorità alla quale ci sottomettiamo. Ci sottomettiamo a Lui, perché la sua autorità è l’autorità della verità.
La processione delle Palme è – come quella volta per i discepoli – anzitutto espressione di gioia, perché possiamo conoscere Gesù, perché Egli ci concede di essere suoi amici e perché ci ha donato la chiave della vita. Questa gioia, che sta all’inizio, è però anche espressione del nostro “sì” a Gesù e della nostra disponibilità ad andare con Lui ovunque ci porti. L’esortazione che stava oggi all’inizio della nostra liturgia interpreta perciò giustamente la processione anche come rappresentazione simbolica di ciò che chiamiamo “sequela di Cristo”: “Chiediamo la grazia di seguirlo”, abbiamo detto. L’espressione “sequela di Cristo” è una descrizione dell’intera esistenza cristiana in generale. In che cosa consiste? Che cosa vuol dire in concreto “seguire Cristo?”
All’inizio, con i primi discepoli, il senso era molto semplice ed immediato: significava che queste persone avevano deciso di lasciare la loro professione, i loro affari, tutta la loro vita per andare con Gesù. Significava intraprendere una nuova professione: quella di discepolo. Il contenuto fondamentale di questa professione era l’andare con il maestro, l’affidarsi totalmente alla sua guida. Così la sequela era una cosa esteriore e, allo stesso tempo, molto interiore. L’aspetto esteriore era il camminare dietro Gesù nelle sue peregrinazioni attraverso la Palestina; quello interiore era il nuovo orientamento dell’esistenza, che non aveva più i suoi punti di riferimento negli affari, nel mestiere che dava da vivere, nella volontà personale, ma che si abbandonava totalmente alla volontà di un Altro. L’essere a sua disposizione era ormai diventata la ragione di vita. Quale rinuncia questo comportasse a ciò che era proprio, quale distogliersi da se stessi, lo possiamo riconoscere in modo assai chiaro in alcune scene dei Vangeli.
Ma con ciò si palesa anche che cosa significhi per noi la sequela e quale sia la sua vera essenza per noi: si tratta di un mutamento interiore dell’esistenza. Richiede che io non sia più chiuso nel mio io considerando la mia autorealizzazione la ragione principale della mia vita. Richiede che io mi doni liberamente a un Altro – per la verità, per l’amore, per Dio che, in Gesù Cristo, mi precede e mi indica la via. Si tratta della decisione fondamentale di non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore. Si tratta della scelta tra il vivere solo per me stesso o il donarmi – per la cosa più grande. E consideriamo bene che verità e amore non sono valori astratti; in Gesù Cristo essi sono divenuti persona. Seguendo Lui entro nel servizio della verità e dell’amore. Perdendomi mi ritrovo.
Ritorniamo alla liturgia e alla processione delle Palme. In essa la liturgia prevede come canto il Salmo 24 [23], che era anche in Israele un canto processionale usato nella salita al monte del tempio. Il Salmo interpreta la salita interiore di cui la salita esteriore è immagine e ci spiega così ancora una volta che cosa significhi il salire con Cristo. “Chi salirà il monte del Signore?”, chiede il Salmo, ed indica due condizioni essenziali. Coloro che salgono e vogliono giungere veramente in alto, arrivare fino all’altezza vera, devono essere persone che si interrogano su Dio. Persone che scrutano intorno a sé per cercare Dio, per cercare il suo Volto. Cari giovani amici – quanto è importante oggi proprio questo: non lasciarsi semplicemente portare qua e la nella vita; non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno. Scrutare Dio e cercare Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle nostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere Lui – il suo Volto…
L’altra condizione molto concreta per la salita è questa: può stare nel luogo santo “chi ha mani innocenti e cuore puro”. Mani innocenti – sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti. Cuore puro – quando il cuore è puro? È puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. È puro un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento. Mani innocenti e cuore puro: se noi camminiamo con Gesù, saliamo e troviamo le purificazioni che ci portano veramente a quell’altezza a cui l’uomo è destinato: l’amicizia con Dio stesso.
Il salmo 24 [23] che parla della salita termina con una liturgia d’ingresso davanti al portale del tempio: “Sollevate, porte i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria”. Nella vecchia liturgia della Domenica delle Palme il sacerdote, giunto davanti alla chiesa, bussava fortemente con l’asta della croce della processione al portone ancora chiuso, che in seguito a questo bussare si apriva. Era una bella immagine per il mistero dello stesso Gesù Cristo che, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio. Con la croce Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta. Ma anche dall’altro lato il Signore bussa con la sua croce: bussa alle porte del mondo, alle porte dei nostri cuori, che così spesso e in così gran numero sono chiuse per Dio. E ci parla più o meno così: se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui; se la parola della Scrittura e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente – allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te – vedi che io soffro per amore tuo e apriti a me, tuo Signore e tuo Dio.
È questo l’appello che in quest’ora lasciamo penetrare nel nostro cuore. Il Signore ci aiuti ad aprire la porta del cuore, la porta del mondo, affinché Egli, il Dio vivente, possa nel suo Figlio arrivare in questo nostro tempo, raggiungere la nostra vita. Amen.

SALUTI DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE LITURGICA
DELLA DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
ANGELUS
Piazza San Pietro, 1° aprile 2007 

Prima di concludere questa celebrazione, desidero rivolgere un affettuoso saluto ai numerosi pellegrini che vi hanno preso parte.Aux pèlerins francophones réunis en ce dimanche des Rameaux, et en particulier aux jeunes, venus pour la Journée mondiale de la Jeunesse 2007, j’adresse mes cordiales salutations. En accueillant les paroles de Jésus : « Comme je vous ai aimés, vous aussi aimez-vous les uns les uns les autres » (Jn 13, 34), puissiez-vous lui ouvrir vos cœurs et grandir dans l’amour véritable, en vous mettant à sa suite sur le chemin de la Croix, qui révèle pleinement l’amour de Dieu à tous les hommes!
I welcome the English-speaking pilgrims and visitors here this Palm Sunday, when we acclaim Jesus, model of humility, our Messiah and King. In a special way I greet all the young people gathered in Rome and around the world to celebrate World Youth Day. May the great events of Holy Week, in which we see love unfold in its most radical form, inspire you to be courageous ‘witnesses of charity’ for your friends, your communities and our world. Upon each of you present and your families, I invoke God’s blessings of peace and wisdom.
Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich allen deutschsprachigen Pilgern und Besuchern, und ganz besonders den vielen jungen Menschen, die am heutigen Palmsonntag den XXII. Weltjugendtag feiern. Wie die Jünger, so lädt Jesus auch uns zur Nachfolge ein: „Wie ich euch geliebt habe, so sollt auch ihr einander lieben" (Joh 13, 34). Lassen wir die Liebe Christi, die in seiner Leidensgeschichte so deutlich aufscheint, in unserem Leben sichtbar werden. Der Herr geleite euch alle durch diese heilige Woche!
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a vosotros, queridos jóvenes, que muy numerosos habéis participado en esta celebración de la Jornada Mundial de la Juventud, que tiene como lema "Que os améis unos a otros como yo os he amado". Con gran alegría y fervor habéis acogido este mandamiento nuevo de Cristo, que os envía a ser sus testigos entre vuestros coetáneos. No tengáis miedo de seguirle fielmente, recordando aquellas palabras de la Virgen María cuando nos habla al corazón: "Haced lo que él os diga".
Queridos jovens de língua portuguesa, as vossas aclamações e hossanas a Jesus são devidas e justas: Ele é o Deus que a todos salva. Salvou, morrendo; morreu, amando; e, amando, ressuscitou. Hoje é visível no coração que Lhe obedece e ama como Ele amou: «Amai-vos uns aos outros, como Eu vos amei». Prezados amigos, com o amor de Cristo que jorra dos vossos corações, ide e abençoai a terra!
Serdecznie pozdrawiam Polaków, a szczególnie młodych uczestników Światowego Dnia Młodzieży. Niech przykazanie Chrystusa: „abyście się wzajemnie miłowali tak, jak Ja was umiłowałem" (J 13, 34), będzie dla nas najważniejszym. Życzę wszystkim głębokiej zadumy w Wielkim Tygodniu i radości wielkanocnego poranka. Niech Bóg wam błogosławi.
[Saluto cordialmente i polacchi e, in particolare, i giovani partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù. Che il comandamento di Cristo: "Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13, 34) sia per noi il più importante. Auguro a tutti di vivere intensamente la Settimana Santa e di giungere alla gioia della Pasqua. Dio vi benedica!]
Saluto infine voi, cari fratelli e sorelle di lingua italiana, in modo particolare i giovani, venuti in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Auguro a tutti una Settimana Santa ricca di frutti spirituali, e per questo invito a viverla in intima unione con la Vergine Maria. Da Lei impariamo il silenzio interiore, lo sguardo del cuore, la fede amorosa per seguire Gesù sulla via della Croce, che conduce alla luce gioiosa della Risurrezione.


© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana


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