sabato 26 maggio 2012

Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi

Concludiamo oggi le riflessioni di Don Giuseppe Turani tratte dal volume "Cristo, mia speranza, è risorto" che ci hanno tenuto compagnia durante il periodo quaresimale con alcuni spunti sulla Pentecoste:

Annunciare


Gesù, prima di compiere la sua missione terrena, dona agli apostoli lo Spirito [...]. Lo Spirito permette a ogni uomo di entrare nella salvezza meritata dalla pasqua di Cristo e di ricevere il perdono dei peccati. Il sacramento della riconciliazione è la celebrazione della Pasqua perché la vita nuova ottenuta dal Risorto riprende vigore nel penitente; contemporaneamente si compie la Pentecoste: è lo Spirito che rinnova l'uomo peccatore e lo rende capace di sperimentare la vita del Risorto [...].
Le manifestazioni dello Spirito sono impossibili da descrivere perché incalcolabili e infinite; nessun ostacolo può fermare la sua forza creatrice. Uno dei tanti avvenimenti nei quali si è manifestata in modo evidente l'ispirazione dello Spirito è stata l'indizione da parte di Giovanni XXIII del Concilio Vaticano II, definito come "una nuova primavera". Papa Roncalli, dopo l'elezione, ebbe a dire: "O la Chiesa è una Pentecoste vivente o non è Chiesa" [...]. L'enciclica Pacem in terris rivolta a "tutti gli uomini di buona volontà", ha affermato con forza che la pace si costruisce su quattro pilastri fondamentali: la verità, la giustizia, l'amore e la libertà. In ogni apparizione il Risorto afferma "pace a voi". La pace vera è quella che costruisce relazioni, che va oltre ogni ideologia, che abbatte i muri di separazione, che colma i cuori donando una grande capacità di amare. E' lo Spirito che realizza la pace, con i suoi doni: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé". In tal senso dovremmo chiederci: "Fino a che punto ognuno di noi si impegna a realizzare i doni che lo Spirito continua ad infondere?" Solo una Chiesa spinta dallo Spirito è una Chiesa libera, che non ha timore di parlare con chiarezza di fronte a situazioni ambigue come la difesa degli interessi economici, le logiche di distruzione della persona, gli interessi di capitale investito in produzione di armi... Guidata dalla forza dello Spirito, la Chiesa, ieri come oggi, è chiamata a rendere testimonianza della speranza e dell'amore che la animano.

Celebrare


Il saluto di pace apre e chiude la celebrazione dell'Eucarestia e risuona più volte durante tutto il rito. C'è però un momento specifico in cui viene particolarmente evidenziato: lo scambio di pace. Con questo gesto si fa memoria del mistero pasquale: il Risorto, presente nella sua Chiesa, dona pace e unità [...]. La pace che si implora non è quella che gli uomini possono costruire da se stessi; non si tratta di una pace umana, ma di quella donata dal Cristo agli apostoli [...]. La prossimità del rito della pace alla comunione sacramentale spiega perché questa preghiera sia rivolta a Cristo e non al Padre, cui normalmente s'innalza ogni preghiera. E' la pace del Risorto che rende la Chiesa maggiormente capace di vivere nell'unità. Nel rito ambrosiano, invece, lo scambio della pace è collocato prima della presentazione dei doni, per dare rilievo a quanto ha detto Gesù: "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e li ti ricordi che tuo fratello..."
Dopo aver chiesto e accolto la pace come dono particolare del Risorto, frutto del suo sacrificio sulla croce e segno della ritrovata comunione con Dio e con i fratelli, la pace viene donata, secondo l'invito del presbitero: "Scambiatevi un segno di pace" [...].
E' bene ricordare che la partecipazione all'Eucarestia, specialmente al momento della comunione, non è soltanto un incontro esclusivo e personale con Cristo capo, ma anche con le membra del suo corpo, la Chiesa, presente in modo concreto nell'assemblea locale riunita attorno all'altare [...]. Partecipare all'Eucarestia significa rendersi maggiormente consapevoli di essere fratelli e sorelle nel Signore. Il gesto dona a questo momento maggiore forza espressiva.
La pace accolta domanda di essere comunicata e vissuta nella quotidianità.  "Andate in pace" è il saluto finale e l'impegno per il cammino di ogni giorno: "se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti"

Testimoniare


Joseph Louis Bernardin nacque nel 1928 nella Carolina del Sud da una famiglia di emigranti italiani. Eletto vescovo ausiliare di Atlanta a soli trentotto anni, fu instancabile tessitore di comunione nella Chiesa nordamericana, spesso divisa al suo interno durante la difficile transizione post-conciliare. Nominato arcivescovo di Cincinnati e più tardi di Chicago, Bernardin guidò la conferenza episcopale statunitense, assumendo posizioni chiare in difesa della pace, senza risparmiare dure critiche alle politiche militari del suo paese. "Quello che vorrei lasciare dietro di me è una semplice preghiera: che ognuno di voi possa trovare ciò che ho trovato io, un dono speciale di Dio per tutti noi: il dono della pace. Quando siamo in pace, troviamo la libertà di essere più pienamente noi stessi, perfino nei tempi peggiori.
Ci distacchiamo da ciò che non è necessario e abbracciamo quello che è essenziale. Ci svuotiamo, affinché Dio possa lavorare in maniera più piena dentro di noi. E diventiamo strumenti del Signore".
Durante il suo episcopato egli iniziò una riflessione sulla necessità di spostare l'attenzione dalla Chiesa come istituzione a Cristo, fino a porre al centro del suo ministero la Parola di Dio. Dopo aver affrontato e superato, senza ricorrere a esenzioni e privilegi, le false accuse di molestie sessuali che gli erano state rivolte da un uomo malato di mente, Bernardin si trovò nel 1995 di fronte alla diagnosi di un male incurabile che lo portò alla morte il 14 novembre 1996. Egli fece degli ultimi due anni di vita un instancabile pellegrinaggio fra i sofferenti della sua diocesi, malati, carcerati ed emarginati di ogni sorte, per annunciare quell'amore per la vita che aveva illuminato tutta la sua esistenza e il suo ministero di pastore: "Come vescovo, diceva, ho cercato di dare forma all'annuncio del valore unico che ha la vita umana, e di ricordare a me e agli altri la nostra comune responsabilità di fronte ad essa. Ora che la mia vita volge lentamente al declino, man mano che il mio destino terreno si fa più chiaro, giorno dopo giorno, non mi sento angosciato, ma piuttosto riconfermato nella mia convinzione riguardo alla meravigliosità della vita umana, dono che sgorga dall'essere stesso di Dio e che è affidato a ciascuno di noi".

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